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Il locatario ha l’obbligo di pagare il canone di locazione per il godimento che fa dell’immobile. La legge concede al conduttore un tempo massimo di venti giorni dopo la scadenza entro il quale è tenuto a versare la somma pattuita con il locatore.
Scaduto tale termine, il locatore ha la possibilità di intervenire al fine di di recuperare il proprio credito; può inviare al locatario una lettera raccomandata riportante l’invito di provvedere al più presto al pagamento. Un ritardo nel pagamento può essere dovuto ad una dimenticanza o ad un imprevisto momento di difficoltà economica.
Se il pagamento persiste nel non essere effettuato, si deve ricorrere a vie giudiziarie che non portano alla fine del contratto. La legge disciplina una particolare procedura che viene avviata con l’emissione nei confronti del debitore, di un’ingiunzione di pagamento da parte del Tribunale. L’importo dovuto comprende il canone di locazione e le spese legali a carico del moroso.
L’inquilino può opporsi all’ordine di pagamento entro quaranta giorni seguenti alla ricezione dell’ingiunzione, che altrimenti diverrebbe immediatamente esecutiva.
Se il conduttore continua ad essere moroso, il locatore può provvedere anche al pignoramento e all’alienazione dei beni del debitore. Tuttavia il contratto rimane in essere e comporta l’obbligo per il locatario di continuare a pagare i canoni.
Dinanzi ad una morosità reiterata, è evidente che il locatore perde interesse nel mantenere in vita il contratto con una controparte che non adempie alle proprie obbligazioni.
A questo punto non resta che imporre al conduttore lo sfratto per morosità e richiedere la risoluzione del contratto. Ciò comporta per il debitore l’obbligo di lasciare l’immobile entro un termine stabilito e pagare l’ammontare della morosità, gli interessi maturati e le spese giudiziarie.
L’articolo 55 della legge 392/78 consente al conduttore di eliminare gli effetti dell'inadempimento da morosità e di estinguere il diritto alla risoluzione del contratto a favore del locatore pagando quanto dovuto, oppure chiedere un “termine di grazia”, entro il quale provvederà a versare il corrispettivo. Questo termine è di un massimo di 90 giorni, prolungabile a 120 ed è legato a due parametri.
uno quantitativo, chiedendo il pagamento degli oneri accessori (una rata del canone) superiori a due mensilità;
uno temporale, la morosità parte al termine dei venti giorni dalla scadenza pattuita.
Se entro il termine di grazia la morosità non viene sanata, al giudice non è permesso provvedere a valutare la gravità dell’inadempimento, non assumono valore eventuali contestazioni da parte del locatore giacché il comportamento del conduttore deve consistere nell’estinzione di quanto dovuto.
L’articolo 55 non è applicabile se il locatario si oppone allo sfratto ammettendo di essere moroso per una cifra inferiore. In questo caso si applica l’articolo 666 del Codice di Procedura Civile: “Se è intimato lo sfratto per mancato pagamento del canone, e il convenuto nega la propria morosità contestando l'ammontare della somma pretesa, il giudice può disporre il pagamento della somma e concedere all'uopo al convenuto un termine non superiore a venti giorni.
Se il conduttore non rispetta l’ordine di pagamento, il giudice convalida l'intimazione di sfratto e pronuncia decreto ingiuntivo”.
Per quanto riguarda le spese accessorie non pagate, spetta al giudice valutare se assumono importanza e ritenere o meno l’esistenza della gravità dell’inadempimento.
Il mancato pagamento delle spese accessorie determina un vizio solo se l’importo abbastanza elevato da alterare in modo rilevante l’equilibrio contrattuale. Tale gravità è stata determinata in misura di due mensilità del canone.